Su tutte le istituzioni ecclesiastiche dell'anno mille dominava la Collegiata di Santa Maria Maggiore, che risale proprio all'anno mille e che venne ricostruita nel 1776 con stile romano-barocco, e resa famosa dai numerosi sinodi celebrati in essa, il più importante dei quali fu quello del 12-13 e 14 dicembre 1649 sotto Monsignor Tommaso Carafa.
Questa chiesa fu per molti secoli il centro della cristianità di tutto il vasto stato di Laurino. È senza dubbio la più bella chiesa della zona.
L'edificio attuale è il risultato di numerosi ampliamenti e rifacimenti di un'antichissima edicola dedicata alla Madonna Odighitria attorno alla quale era sorto, tra l'VIII ed il IX secolo, un cenobio italo-greco, alla cui ombra visse Sant'Elena.
Il nucleo più antico della chiesa, eretta a collegiata nel 1577, va individuato nella cripta che occupa la parte sottostante il presbiterio e il coro.
L'impianto settecentesco si modella sulla fabbrica precedente del XV secolo, della quale nelle decorazioni a soluzioni barocche esalta le forme, anche tramite la profusione di motivi ornamentali in stucco ove prevale il colore dell'oro, ormai annerito dal tempo.
L'unica navata è coronata da un ampio presbiterio, che nel XVII secolo venne notevolmente ridimensionato per far spazio al coro ligneo e al nuovo grandioso altare concluso con solenne ciborio ligneo che occupa la visuale del grande dipinto sul muro di fondo.
L'ingresso principale è ricavato sulla parete di destra nella prima arcata cieca, cui si accede tramite un'ampia gradinata che lambisce il campanile – staccato dal corpo – e che sale dalla via principale, la quale è ad un piano notevolmente più basso per il dislivello del terreno.
Nella terza arcata di destra, verso la fine del XVI secolo, fu ricavata la cappella del Rosario questa, anche se appare oggi depauperata delle tele che un tempo ornavano le pareti laterali, conserva la volta a botte interamente affrescata nel corso del XVII secolo forse da Paolo De Matteis di Piano del Cilento, il magnifico altare in legno scolpito e dorato sul quale troneggia la "cona"; la continuità degli interventi per abbellirla è testimoniata lungo i secoli fino agli anni Settanta, in seguito è stata abbandonata.
Le arcate laterali erano un tempo occupate da tele, alcune delle quali oggi sono custodite nel Museo Diocesano di Vallo della Lucania: le prime due, le più piccole, ospitano due affreschi di arte locale, probabilmente contemporanee all'erezione della cappella; vi sono collocate anche due tele recenti.
Dietro l'altare maggiore è il coro in legno di noce, opera di Gerolamo Consulmagno di Aquara, costituito da due ordini semicircolari di stalli, con al centro la cattedra, che appare anteriore al '500, probabilmente derivante dal precedente coro del quale si conservano alcuni elementi nella cripta.
Sui poggioli laterali sono scolpite teste di re e vescovi desinenti in serpi, leoni, galline; sui pannelli che chiudono lateralmente gli stalli sono scolpiti a specchio la Madonna Odighitria e S.Michele Arcangelo, i culti più antichi del luogo.
L'altare maggiore, come si è detto, è concluso con un grande e solenne ciborio ligneo scolpito e dipinto in oro su fondo rosso. Al centro una nicchia accoglie la statua dell'Assunta, cui il tempio è dedicato, mentre le due grandi nicchie laterali sono occupate dalle due statue di San Daniele e Sant'Elena.
Un'infinità di altre piccole sculture e rilievi riproducono i culti antichi del luogo e, in miniatura, gli elementi architettonici degli ambienti gentilizi laurinesi dell'epoca. Sulla parete di sinistra è collocato il pulpito in legno scolpito da Vincenzo Ippolito di Laurino, della fine del secolo scorso; vi è fra l'altro riprodotta l'urna di Sant'Elena, morta eremita in una grotta del M. Pruno, le cui spoglie mortali furono riportate a laurino nel 1882 dopo essere state per secoli oggetto di dono e di venerazione in varie sedi episcopali (Paestum, Auxerre, Napoli, Ariano Irpino).
Interessantissima per la sua singolarità è la vera ottagonale da cisterna di Laurino, attigua alla chiesa di S.Pietro, istoriata; nella simbologia dei bassorilievi, potrebbe ravvisarsi un linguaggio esoterico di natura teosofica. L'ignoto scultore ha inciso nei riquadri degli otto pannelli un gran numero di simboli, praticamente quelli più correnti della simbologia cristiana del Medioevo; l'opera è ascrivibile tra il XIII e il XIV secolo.
È a croce latina con una sola navata austera e monumentale, ricca di preziose opere d'arte; all'interno si trova la cappella di Santa Elena con la statua posta in una preziosa piramide decorata in oro zecchino su un altare in legno scolpito ad oro, di stile cinquecentesco, una stupenda icona in legno su fondo oro con un trittico. La parte centrale reca in basso il Salvatore nell'atto di incoronare la Divina Madre, a destra S. Girolamo e S. Caterina D'Alessandria, a sinistra S. Vincenzo Ferreri. Alla base del quadro vi è la scena della resurrezione con la Madonna e S. Giovanni e gli apostoli intorno. L'altare maggiore, in perfetto stile barocco, contiene il corpo di S. Diodoro.
(cfr:Italo Bruno, Cilento in fiamme, 1994)